La teoria dell’attaccamento nasce in seguito ad attente e ripetute osservazioni effettuate nei confronti dei bambini, più in generale dei mammiferi, durante i primi anni di vita.
John Bowlby sosteneva che: “l’ attaccamento è parte integrante del comportamento umano dalla culla alla tomba”
Gli stili di attaccamento possono essere:
- Sicuro: il bambino si fida e si affida al supporto della figura di attaccamento, sia in condizioni normali sia di pericolo
- Insicuro Evitante: questo stile è caratterizzato dalla convinzione del bambino che, alla richiesta d’aiuto, non solo non incontrerà la disponibilità della figura di attaccamento, ma addirittura verrà rifiutato.
- Insicuro Ansioso Ambivalente: il bambino non ha la certezza che la figura di attaccamento sia disponibile a rispondere ad una richiesta d’aiuto. Per questo motivo l’esplorazione del mondo è esitante, ansiosa e il bambino sperimenta alla separazione angoscia.
- Disorientato/Disorganizzato: il bambino si mostra disorientato/disorganizzato, ovvero manifesta ansia, pianto, si butta sul pavimento o porta le mani alla bocca con le spalle curve, gira in tondo, manifesta comportamenti stereotipati, e assume espressioni simili alla trance in risposta alla separazione dalla figura di attaccamento.
Attraverso questa teoria Bowlby intuì come questo avesse un ruolo centrale nell'individuo, influenzando lo sviluppo della sua personalità.
La teoria dell’attaccamento fornisce un valido supporto per lo studio di fenomeni legati a storie infantili di gravi abusi e trascuratezza, correlate con lo sviluppo di un ampio spettro di disturbi di personalità, sintomi dissociativi, disturbi d’ansia, depressione e abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti.
Per queso è fondamentale un approccio che indaghi sui possibili eventi negativi nell’età evolutiva, il contesto relazionale in cui questi fatti hanno avuto luogo e gli aspetti psicologici dell’adulto rispetto alle esperienze precoci.